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PAPA FRANCESCO AI VINCENZIANI: <<ADORARE, ACCOGLIERE, ANDARE>>

Papa Francesco a Roma esorta i vincenziani a proseguire nello slancio di carità dei San Vincenzo de Paoli.

«Accogliere significa ridimensionare il proprio io, […] comprendere che la vita non è la mia proprietà privata e che il tempo non mi appartiene. È un lento distacco da tutto ciò che è mio: il mio tempo, il mio riposo, i miei diritti, i miei programmi, la mia agenda. Chi accoglie rinuncia all’io e fa entrare nella vita il tu e il noi».

Papa Francesco, in piazza San Pietro sabato mattina, 14 ottobre, incontrando gli oltre diecimila membri della famiglia vincenziana riuniti per celebrare il quarto centenario del loro carisma, incoraggia i vincenziani a proseguire il cammino proponendo tre verbi «andare, accogliere e adorare».

Adorare. Il Santo Padre ricorda ai vincenziani che «sono innumerevoli gli inviti di San Vincenzo a coltivare la vita interiore e a dedicarsi alla preghiera che purifica e apre il cuore. Per lui la preghiera è essenziale. È la bussola di ogni giorno, è come un manuale di vita, è – scriveva – il «grande libro del predicatore»: solo pregando si attinge da Dio l’amore da riversare sul mondo; solo pregando si toccano i cuori della gente quando si annuncia il Vangelo» E, continua il Pontefice, «per San Vincenzo la preghiera non è soltanto un dovere e tanto meno un insieme di formule. La preghiera è fermarsi davanti a Dio per stare con Lui, per dedicarsi semplicemente a Lui. È questa la preghiera più pura, quella che fa spazio al Signore e alla sua lode, e a nient’altro: l’adorazione. Una volta scoperta, l’adorazione diventa irrinunciabile, perché è pura intimità col Signore, che dà pace e gioia, e scioglie gli affanni della vita.»

«Accogliere», ricorda papa Francesco, «significa ridimensionare il proprio io, raddrizzare il modo di pensare, comprendere che la vita non è la mia proprietà privata e che il tempo non mi appartiene. È un lento distacco da tutto ciò che è mio: il mio tempo, il mio riposo, i miei diritti, i miei programmi, la mia agenda. Chi accoglie rinuncia all’io e fa entrare nella vita il tu e il noi».

Ed ancora: «San Vincenzo ci aiuti a valorizzare questo “DNA” ecclesiale dell’accoglienza, della disponibilità, della comunione, perché nella nostra vita «scompaiano ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità» (Ef 4,31).»

Il Papa continua: «L’ultimo verbo è andare. L’amore è dinamico, esce da sé. Chi ama non sta in poltrona a guardare, aspettando l’avvento di un mondo migliore, ma con entusiasmo e semplicità si alza e va. San Vincenzo lo ha detto bene: «La nostra vocazione è dunque di andare, non in una parrocchia e neppure soltanto in una diocesi, ma per tutta la terra. E a far che? Ad infiammare il cuore degli uomini, facendo quello che fece il Figlio di Dio, Lui che è venuto a portare il fuoco nel mondo per infiammarlo del suo amore» (Conferenza del 30 maggio 1659).«

Il testo integrale del discorso di papa Francesco è stato pubblicato sul sito della Santa Sede:

http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2017/10/14/0704/01540.html

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